“Legalità come rivoluzione”. Dopo la solidarietà espressa per mezzo stampa insieme ad altri gruppi politici ed associativi per i fatti mafiosi registratesi nei giorni scorsi, è il momento di provare a fare un’analisi più ampia, partendo proprio dal pensiero e l’esempio del mai troppo celebrato Ciccio Martorelli. Vivere nella legalità, conquistare uno status del genere è nella nostra società assolutamente argomento centrale e prioritario; eluderne l’importanza rappresenterebbe il tramonto delle residue prospettive di ripresa morale, sociale ed anche in un certo senso economica. Il fattore della legalità rimane un punto fondamentale sempre più al centro dell’intricata <<quistione meridionale>>; cercare di acquisire la legalità usando esclusivamente mezzi e metodi tradizionali (magistratura, forze dell’ordine, ecc.), rappresenta un modo di agire se non proprio superato, quasi certamente non sufficiente. È necessario investire energie nella prosecuzione di strategie già per altro avviate, dove si abbiano quali fondamenta lo studio e la ricerca, proprio per poter approfondire le ragioni che sono alla base delle condizioni di vita precarie e dal futuro fosco nelle quali sono costrette a vivere soprattutto le nuove generazioni. Si tratta pertanto di un cammino lungo, arduo e faticoso che deve tendere al recupero di una “speranza” capace di mobilitare donne, uomini e coscienze. Muovendosi in tale direzione le istituzioni preposte, i presidi di legalità, le associazioni culturali, i centri del sapere – universitari, sono chiamati a tendere ad un tipo di agire proteso ad alimentare quella speranza, ossia a far accrescere quelle coscienze tali da poter render consapevoli le genti che le montagne possono essere spostate, che la legalità sia raggiunta in termini sostanziali ancorché formali. Attività sportive, culturali, sociali e creative non possono non essere considerate in altro modo senonché strumentali, ossia fondamentali alla costituzione di una base dalla quale far sviluppare quella speranza in cui noi crediamo fortemente.
Diritti quali quello allo studio, alla salute, al lavoro non devono essere scambiati e denigrati nella categoria dei favoritismi elargiti dal politico-potente e corruttore di turno. Sono diritti sanciti dalla Carta Costituzionale antifascista, ed è per questo che a maggior ragione ci si deve prodigare per difenderli e rivendicarli con forza, in maniera continuativa e non invece episodica. Purtroppo infatti la legalità, la pace, l’equilibrio, la vita, sono tutti aspetti che solitamente non vengono apprezzati quando se ne gode, mentre se ne è avvezzi nel momento in cui ci si accorge di averli perduti. Capire e rendersi conto che nulla è dato per scontato è imprescindibile affinché possa darsi avvio a qualunque forma di lotta. In un periodo durante il quale si parla tanto di cittadinanza, conviene responsabilizzarci tutti, come appartenenti in diritti e doveri all’Unione Europea in primis, e come cittadini del mondo poi. Al di là dei permessi di soggiorno e dei documenti d’identità, la comunità è di chi la vive, ed è per questo che tutti dobbiamo prodigarci per poter far rete, abbattendo le varie negatività, partendo col fracassare l’organizzazione ‘ndranghetista.
Emanuele Carnevale, Associazione PAOLAB