Storie di Calabria

 

“Storie di Calabria”. E’ così che si chiama la modesta opera divenuta tessera di Paolab. Immagini, persone, vite e condizioni di vite passate che strutturano il nostro presente. È questo il significato che ho voluto dare a questo disegno ingarbugliato di ricordi. Spiego perciò brevemente in cosa consistano queste storie, sulla tela, narrate. Partiamo dal centro, che divide e connette tutte le figure presenti. È la stella rossa, che oltre ad essere simbolo di Paolab, in questo contesto rappresenta l’unità di queste storie. Le unisce nei significati. In alto a sinistra, ci sono dei briganti che campeggiano la scena con schioppo in spalla, e un volto femminile sullo sfondo. Briganti, tentativo di sovvertire i rapporti di potere colpendo alle ricchezze materiali. Briganti, figura divenuta romantica spesso, identificando sotto questo nome semplici predoni e delinquenti, senza mai fare chiarezza. Ma brigante non è solo l’uomo, anche la donna, che campeggia sia in presenza fisica e sia come stimolo della lotta. I capelli che chiudono sulla testa dei tre briganti conferiscono alla donna anche il significato di terra, di natura. È lei che li unisce.

Nel riquadro in alto a destra invece sono rappresentati dei lavoratori, principalmente contadini, considerata la storia calabrese, che non vide uno sviluppo industriale e quindi della classe operaia di fabbrica. Contadini quindi, uomini e donne sotto l’egida del latifondismo. Uomini e donne nella speranza di una riforma agraria mai arrivata e rimasti stretti nella morsa di una agricoltura che tenta di modernizzarsi slacciandosi dalla tradizione, dimenticando la cura dei semi, le transumanze, il rispetto della terra.

In basso a destra, continuando a leggere il disegno in senso orario, troviamo pescatore e pirata uniti in una barca che in realtà è un abbraccio. Pirata perché la Calabria è crocevia del Mediterraneo. Contatto con le popolazioni arabe, commercio marittimo con i paesi del nord Africa, relazioni amichevoli. Pirata perché le flotte corsare non erano composte da genti arabe o dai famosi “turchi” o “saraceni”, bensì genti di Calabria, che attendevano sulle rive, per imbarcarsi con le flotte corsare e saccheggiare le coste per destabilizzare il potere. Pirati perché la retorica cattolica insita nella regione innescò la paura dell’infedele, dei mori e de “li turchi”, come gente spietata, negando il fatto pocanzi ricordato. Pescatore invece perché era l’altro collegamento con il mondo del Mediterraneo: non c’erano strade in Calabria; le vie di comunicazione erano rappresentate dal mare e la ricchezza era lo scambio verso sud. Il pescatore per ricordare tutti quei calabresi che commerciando con il nord Africa, si stabilizzarono li, per poi essere assimilati dal potere coloniale francese. Pirati e pescatori, arabi e meridionali, uniti nella barca del Mediterraneo, che la terra ha cercato di dividere.

Infine, in basso a sinistra. Tema più attuale, due studenti, due scritte che campeggiano l’immagine, due alberi come bottiglie di vino rovesciate. Terra, cultura, progresso, altro sviluppo. “La conoscenza diventa sapere quando trasforma le condizioni del soggetto”, la frase di Michelle Foucault campeggia sulla sinistra, a ricordare il bisogno di conoscenza da mutare in sapere per trasformare la nostra condizione; una linea sottile tra conoscenza e sapere che spesso, non essendo visibile, rilega in condizione di potere lo staus quo. “Ricorda, caro mio Sancho, chi vale di più deve fare di più” è la frase tratta dal Don Chisciotte di Cervantes, e annotata nella pagina di libro, a ricordo che nulla si può fare senza solidarietà. La solidarietà serve a liberare le risorse umane e materiali che possono mutare la conoscenza in sapere, possono coinvolgere ogni individuo rendendolo parte della vita collettiva di una società, quale la nostra. Questo è tutto ciò che volevo esprimere, che mi ha mosso nel disegnarlo e che Paolab ha accolto come sua tessera, per rafforzare l’idea di un impegno che guarda al futuro partendo da una base storica che da coscienza all’azione da intraprendere.

Fabrizio di Buono